Don Luigi Monza - Sito della Parrocchia Sant'Andrea di Cordovado PN

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Don Luigi Monza

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DON LUIGI MONZA

Nella vita di don Luigi tutto era stato una sorpresa, fin dagli inizi. La grazia si era divertita a giocare con lui, conducendolo dove neppure si sognava. Lui ne era perfettamente consapevole. Dirà un giorno: “Anche un quadro di Raffaello non può stare appeso ad una parete se manca un sia pur povero chiodo: io dovrò essere quel chiodo”.

Era nato il 22 giugno 1898 a Cislago (VA),un paesino adagiato sui clivi a sinistra dell’Olona. Contava quattro case addossate al castello dei Castelbarco e alla parrocchiale, intitolata a san Abbondanzio. Un titolo che non sappiamo se suonasse di augurio, impetrazione o presa in giro: di abbondante a Cislago c’era solo miseria e fatica della gente.  Il padre Giuseppe e la madre Luigina erano contadini, lavoratori instancabili, possedevano la ricchezza più preziosa: la fede. Chiedevano al Signore solo serenità della vita e la buona riuscita dei figli. Ne ebbero sei.




Invece la disgrazia parve accanirsi contro la loro casa: Il maggiore, Pietro, a sette anni, uscito di casa di corsa sbadatamente in strada, fu travolto e ucciso da un carro. Il secondo, Antonio, morì di difterite nella prima infanzia: La terza è una bambina: Giuseppa Cristina, diventerà a diciannove anni, suor Maria Tommasina tra le suore di Carità dell’Immacolata Concezione di Ivrea: Nel maggio del 1913 il padre cade da un gelso, mentre raccoglie la foglia per i bachi da seta, si spezza la spina dorsale, rimarrà paralizzato per altri quattro anni, fino alla morte. Intanto è scoppiata la prima guerra mondiale e il quarto figlio, anche lui Pietro, viene chiamato alle armi e spedito sul Carso, fatto prigioniero e deportato in Ungheria, viene rimpatriato, denutrito e fiaccato nel fisico, alla fine del conflitto: Una broncopolmonite lo rapisce in un ospedale da campo il 4 dicembre 1918. Il quinto figlio è Luigi, che aquei tempi ha già iniziato tra mille difficoltà i suoi studi per diventare prete. Nel 1909 era nato anche Mario: un ragazzo svagato, vissuto a lungo accanto a don Luigi,fino a un matrimonio indovinato che aggiusterà il suocarattere. Morì in un incidente stradale a trentanove anni.

L’asse portante di quella famiglia sfortunata e mamma Luigina che lavorando giorno e notte riuscirà a portare avanti da sola la famiglia, lasciando che Giuseppina e Luigi seguano la loro strada. E’ piena fiducia nel Signore. Quella serie di sventure familiari incise certamente sull’indole di Luigi, dotandolo di antenne sensibilissime alla sofferenza degli altri
La vocazione al sacerdozio sembrava l’esito scontato del suo comportamento di fanciullo: era diventato chierichetto ed era assiduo alle funzioni in chiesa, alla preghiera e all’adorazione. Invece, quando un padre salesiano gli chiese a bruciapelo se volesse diventare sacerdote, rispose di no. Era in terza elementare e confessò più tardi alla sua maestra: mancandogli il coraggio davanti a quella proposta inaspettata e inaudita, aveva soffocato il desiderio ardente che aveva nel cuore. Poi. Tornato a casa, aveva pianto tutto il giorno.

Il suo desiderio vero lo esplicitò qualche anno dopo al parroco, che lo inviò all’Istituto Missionario Salesiano di Penango Monferrato. Ci rimase poco tempo, ritornato a Cislago per le ferie estive, trovò il padre invalido, il fratello Pietro era partito per il fronte, la sorella Giuseppina era andata in convento. Restava solo la mamma sulla quale gravava tutto il peso del lavoro nei campi, le cure del merito infermo e del figlio più piccolo. Come lasciarli? Luigi si rimbocca le maniche e riprende a lavorare per la famiglia: Studierà la sera dopo cena, con l’aiuto del parroco e dei coadiutori. Così fino al 1916, quando il parroco gli ottiene un posto come prefetto (assistente) al Collegio Villoresi di Monza: potrà contemporaneamente proseguire gli studi. Il primo di ottobre riceve nella chiesa parrocchiale l’abito talare. Ma sembra nel destino che egli non possa studiare in pace. In gennaio gli muore il padre; poco dopo viene arruolato nella sanità. Ritornò a guerra finita e potè finalmente compiere gli studi regolari: il liceo come prefetto al collegio di Saronno, poi due anni di teologia al Collegio Rotondi di Goria Minore e gli ultimi due anni al seminario di Corso Venezia. Il 19 settembre 1925 verrà consacrato sacerdote nella Cappella del Seminario Maggiore dal Cardinal Tosi.

Le sorprese di un giovane pastore

La prima destinazione del neo-sacerdote fu a Vedano Olona, come coadiutore di don Pietro De Maddalena. Questi parroco ormai da ventitre anni, era autoritario quando basta per non tollerare imposizioni o interferenze da chicchessia. Con don Luigi non c'èra pericolo: tutta la sua azione pastorale sarà sempre improntata alla più assoluta normalità. Così almeno all'apparenza. Anche quando, in seguito, s'impegnerà in opere diverse, straordinarie, queste appariranno come la fioritura naturale del ministero ordinario: un modo in più, non una deviazione dalla normalità.
Le attività a cui si dedica sono quelle classiche di un giovane prete, quelle che ha sperimentato lui stesso all'Oratorio di Cislago: la cura pastorale dei giovani, la gestione dell'Oratorio, il ministero della confessione. Don Pietro è contento del coadiutorino, che parla poco, lavora sodo, agisce con criterio. Le difficoltà, se mai, vengono da alcuni fascisti del luogo, che vogliono mettere il naso nella parrocchia. Don Pietro è notoriamente antifascista. Sono incominciate le prime avvisaglie della lotta dei fascistei contro le associazioni cattoliche. Essi vogliono il monopolio dell'educazione giovanile. Ma don Luigi ci sa fare con i giovani: il suo Oratrio è straripante.
Ha potenziato la corale e una filodrammatica che si esibiscono anche nei paesi vicini. Soprattutto ha organizzato una squadra di calcio composta da veri campioncini: la Viribus Unitis. Anche i fascisti hanno una loro squadra, ma L'oratorio gliele suona regolarmente, al punto che giocare per l'Oratorio è come essere promossi in serie A. I migliori dei fascisti cambiano squadra, interviene la federazione provinciale, che proibì ogni attività sportiva al di fuori delle organizzazioni fasciste. Incominciarono anche le provocazioni alle quali i giovani cattolici reagirono organizzandosi a loro volta. Le strutture del campo fascista furono divelte: si scoprì poi che erano stati i fascisti stessi, per creare un pretesto.
Ma i fascisti, approfittando di un attentato contro un gerarca locale, arrestarono molti giovani, perquisirono e minacciarono. Alla fine arrestarono anche i sacerdoti e li rinchiusero al "Miogni", il carcere di Varese. Vi rimasero cinque mesi. Subirono interrogatori, angherie. Mamma Luigina si vide sparire il figlio senza sapere dove fosse. Intanto in carcere don Luigi subiva interrogatori, intercalati da giornate vuote senza prevedere la fine. Un giorno, finalmente l'interrogatorio durò undici ore consecutive, il prete stava per svenire. Allora si ricordò le parola di Gesù: "Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa, io vi darò la forza e la sapienza a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere"
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Dopo un po' di tempo li rilasciarono tutti e due con la proibizione di ritornare a Vedano. Don Pietro fu confinato a Caltagirone e don Luigi stette per un po' di tempo a Milano. Non era però il suo posto, lo guardavano con sospetto anche se era innocente, fu destinato al Santuario della Madonna dei Miracoli a Saronno. Qui seguì l'Oratorio e la Schola Cantorum e quando il cardinal Schuster eresse il santuario in delegazione parrocchiale le opere erano pronte. Don Luigi rimase a Saronno fino all'autunno 1936 e in quell'anno venne nominato parroco a San Giovanni alla Castagna: una borgata di Lecco industriosa a vivace.
Il suo ministero a San Giovanni durò diciotto anni ed egli espresse il meglio di se. Oltre alle feste annuali e alle scadenze aggiunse: i tridui in preparazione della Pasqua per le diverse categorie, i corsi per i fidanzati e i giovani di leva, i quaresimali, le riunioni dei terziari francescani, le conferenze della san Vincenzo, le conferenze domenicali delle varie branche di Azione Cattolica, agli iscritti all'apostolato della preghiera. Gli anni di guerra portarono nuovi rischi e nuove fatiche: l'assistenza ai soldati acquartierati in paese, il soccorso ai perseguitati politici, le visite ai feriti, ai carcerati, ai condannati a morte, il conforto alle famiglie dei caduti, ai colpiti dalla disgrazia.
Alla fine della guerra iniziava il suo nuovo impegno sociale dei cattolici come sforzo per creare coesione ed aggregazione sociale: fondò la Casa della Lega, un centro d'istruzione e di cultura per scambi d'opinione e conferenze costituito dai padri di famiglia.

Ma in cuor suo aveva un sogno, un grande segreto che teneva nascosto ai suoi parrocchiani. Da un po' di tempo si assentava per qualche giorno , andava a trovare dei bambini minorati psichici e che gli stavano molto a cuore. Doveva trovare una sistemazione per loro, ma ci voleva qualcuno che si prendesse cura di questo primo gruppo di bambini. Il Signore gli mandò Clara Cucchi, una giovane generosa, benché malaticcia ma pronta a tutto. I due si intesero immediatamente. In futuro sarà sempre così: quando avrà bisogno di realizzare il suo progetto, Dio gli mandava sempre la persona adatta di cui aveva bisogno. Si aggiunsero ben presto Teresa Pitteri, Tranquilla Airoldi ecc:.
Aveva bisogno però di una casa, il parroco di Vedano Olona, monsignor Antonio Trezzi gli propose il Lazzaretto ai margini di Vedano, un luogo panoramico e c'era anche una chiesetta costruita dai superstiti della peste del 1577.
Fu qui che il 19 Agosto 1937 fu posta la prima pietra del nuovo edificio. Don Luigi non aveva ancora un piano ma discutendone con la Cucchi che era stata nominata superiora che decise di chiamarle: "Le Piccole Apostole della Carità".

Che cosa dovevano fare?dovevano praticare una santità feriale, ossia fare straordinariamente bene le cose ordinarie; in pratica dovevano marcire come il piccolo granello di frumento per poi dare molto frutto. La vera svolta nell'attività delle Piccole Apostole avvenne nel 1948, dopo mesi di colloqui con la superiora Clara, venne a visitare la casa di Vedano il professor Giuseppe Vercelli, direttore dell'Istituto Neurologico di Milano. Trovò la casa adattissima per farne una sede che raccogliesse bambini e fanciulli d'ambo i sessi minorati psichici per il loro recupero e inserimento nella normalità. Si impegnò personalmente a sostenere gli inizi dell'opera e affidò le piccole Apostole al consiglio e alla competenza della dottoressa Adelaide Colli Grisoni e alla professoressa Angela Barbaglia.
Era nata così "La Nostra Famiglia".

Il seguito procedette tutto coerentemente secondo quella scelta iniziale che era stata quella vincente: "La Nostra Famiglia" sarebbe diventata un'opera di carità verso i bambini più sfortunati. Verso la fine anno fu aperta la seconda casa a Ponte Lambro e nel 1952 a Varazze per i bambini bisognosi di cure marine. Nello stesso anno una seconda casa a Ponte Lambro accolse il Centro di Riabilitazione per bambini spastici. Le Piccole Apostole furono le prime a specializzarsi in kinesiterapia su indicazione della professoressa Colli Grisoni, frequentando l'Ospedale Maggiore di Milano. Ora erano una trentina e ottennero il riconoscimento giuridico dal card. Schuster nel 1950.
Nel 1949 si ammalò la Clara Cucchi e fu sostituita da Zaira Spreafico che sosterrà l'opera quanrant'anni.
La Clara Morì nel 1950 e a lei fu intitolata la prima casa di Vedano.
Ma anche don Luigi incominciava a dare i primi segni di decadimento. Nel 1953 gli morì la mamma Luigina, e anche lui sentiva prossimo il momento della fine, pensava:
L'opera  può fare a meno di me….Il Signore l'ha voluta, il Signore la manderà avanti"

Crollò il 27 Agosto 1954, dopo un funerale di un parrocchiano, il suo stato apparve subito grevissimo, gli fu diagnosticato un infarto inframurale in atto, in quei giorni moriva anche il card. Schuster.
A Zaira che lo seguiva costantemente ripeteva più volte. "vedrai, vedrai, vedrai.." "non vi lascerò orfane".
Don Luigi morirà il 29 Settembre 1954 e da allora l'opera crescerà ininterrottamente.
La Nostra Famiglia ha 45 sedi nel mondo, 15 Centri diagnostici, "21 Centri di riabilitazione, " centri di specialità sanitarie diverse, 4 centri di lavoro guidato, 6 case Famiglia, l'Istituto di Ricovero e Cura a carattere scientifico F. Medea di Bosisio Parini. Nel frattempo è nato il Gruppo Maschile dei Piccoli Apostoli, Il Gruppo Amici di don Luigi, L'Associazione Genitori e i Gruppi di Spiritualità giovanile e familiare.
Il 30 Aprile 2006, in piazza duomo a Milano viene dichiarato Beato don Luigi Monza, apostolo della carità.

Sito dell'associazione La Nostra Famiglia


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DECRETO  DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II°
CHE HA PROCLAMATO IL 20 DICEMBRE 2003
LE VIRTU' EROICHE DI DON LUIGI MONZA


Il servo di Dio don Luigi Monza, per tutta la vita fu pastore esemplare e percorse la via della santità con gioia e perseveranza. Aderendo alla volontà di Dio, pensò, parlò e agì alla luce della fede, della speranza e della carità. Cristo fu al centro della sua vita e fu l'anima del suo sacerdozio e del suo ministero pastorale.
Ogni giorno si immergeva nella preghiera, ed attorno ad essa ruotavano le diverse manifestazioni della vita. Perdendosi nel mistero di Dio, si ritrovava nel mistero dell'uomo. Nelle difficoltà e qud'era trafitto dal dolore, s'illuminava della fiducia della Divina Provvidenza: Fonte di pace e di forza era la comunione del suo Signore.
La Beatissima Vergine Maria, che venerava come un figlio, era la stella della sua vita. Coltivava con semplicità e praticava in modo perfetto la virtù della prudenza, sia quand'era chiamato a consigliare e a decidere, sia nella scelta dei mezzi più opportuni per la propria santificazione e il bene delle anime.
Esercitò la giustizia sia verso Dio che verso il prossimo. Fu sincero, fedele, costante nei propositi, tenace nel portare a termine le decisioni prese, austero verso se stesso, benevolo con tutti, frugale, trasparente e casto, povero, rispettoso con i superiori. Nella parola,"marcimento" espresse la fecondità di una vita vissuta nel nascondimento, nell'amore, nella gioia del dono. Mai si sentì lacerato o diviso, perché la sua vita fu centrata in Dio, sul sentire con la Chiesa e sul dono per gli altri.
L'immagine che esce dalla "Positio" è quella di un uomo "con un solo volto… il suo, più che servire, era un salvare"
….L'accento è stato posto dal S. Padre più sull'essere stato pastore, che non sull'essere stato fondatore:

"Il suo desiderio supremo e l'impegno quotidiano, che esercitò con semplicità, prudenza ed evangelica sapienza, fu portare Cristo alle anime e le anime a Cristo. Molti furono coloro che trassero aiuto dalla fonte del suo sacerdozio, soprattutto le figlie spirituali, che col tempo si unirono alla sua opera, che nel frattempo si era dilatata. Desidero che siate nella Carità soleva dire don Luigi alle piccole apostole. Vorrei trovarvi un cuor solo e un'anima sola: il resto per me diventa secondario e mutevole. Le opere possono variare come variano i tempi e le menti della gente, ma il nostro spirito rimane sempre quello degli apostoli con la Carità dei primi cristiani".

Lavorò per la propria santificazione con una vita ascetica e spirituale degna della missione di cui era stato investito da Dio. Contemporaneamente svolte un generoso servizio pastorale, con particolare riguardo alla gioventù, ai poveri ed agli ammalati. Per 24 anni, di cui 18 come parroco di S. Giovanni alla Castagna (Lecco), fu zelante, cosciente dei suoi doveri, illuminato e convinto, instancabile nel prodigarsi giorno e notte per il bene del prossimo, anche al di fuori del suo ambiente parrocchiale.
Per arrivare ad un sì alto livello spirituale, certamente neon comune, il Servo di Dio combattè una lotta interiore con se stesso che non conobbe soste, cimentandosi di continuo: nell'umiltà, ossia nel marcimento.
Come è autorevolmente scritto nel decreto che dichiara l'eroicità delle virtù di don Luigi, "Cristo fu al centro della sua vita e fu l'anima del suo sacerdozio e del suo ministero pastorale"
L'importante, diceva, era mantenere un intimo colloquio con Gesù e fare tutto per Lui, con Lui e in Lui. Lo si capiva da come lui parlava, dalla sua vita. Don Luigi era convinto che il suo compito di parroco fosse di suscitare nella Chiesa dei fermenti attivi per l'animazione cristiana della società:"Ognuno, o nella propria famiglia, o nella famiglia religiosa, o nella propria parrocchia per i sacerdoti regolari, o nella scuola, o nell'ufficio o nel laboratorio, o nella campagna o in qualsiasi altro luogo" avrebbe dovuto dire: "Questi che mi stanno attorno sono anime che Dio mi ha affidato per ritornarli alla carità dei primi cristiani".

Questi sono alcuni tratti delle virtù eroiche rilevati dal decreto del Santo Padre Giovanni Paolo II°.

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